L’iperparatiroidismo secondario: sintomi, diagnosi e terapia

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L’iperparatiroidismo secondario è spesso una risposta dell'organismo alla malattia renale cronica e vede una diminuzione del calcio nel sangue: un'analisi dei sintomi, delle cause, della diagnosi e del percorso terapeutico.

Indice

L’iperparatiroidismo può essere secondario alla malattia renale cronica.

Si verifica una secrezione aumentata di paratormone (PTH) in risposta allo squilibrio nel metabolismo calcio-fosforo che questa condizione causa.

L’iperparatiroidismo secondario

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L’iperparatiroidismo secondario è la conseguenza della diminuzione del calcio nel sangue, l’ipocalcemia, che si ripercuote sulla produzione del paratormone.

In questo caso, dunque, la condizione non è legata ad una patologia delle paratiroidi, bensì è una risposta naturale delle paratiroidi in rapporto all’abbassamento dei livelli di calcio nell’organismo.

Va comunque sottolineato come, dopo diversi mesi di mantenimento della condizione, si verifichi iperplasia delle paratiroidi, sollecitate eccessivamente nella produzione di paratormone, che possono assumere piena autonomia e non rispondere ad alcun meccanismo di feedback.

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Tra le cause di iperparatiroidismo secondario si annoverano:

  • l’insufficienza renale cronica (la causa principale);
  • le sindromi da malassorbimento intestinale (come la celiachia);
  • assunzione inadeguata di calcio e vitamina D nella dieta.

La malattia renale cronica

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L’iperparatiroidismo secondario è nella maggior parte dei casi una risposta dell’organismo all’insufficienza renale cronica.

Una delle conseguenze della malattia renale cronica è l’iperfosfatemia, causata da una diminuzione dell’escrezione renale del fosfato.

Nei soggetti con malattia renale cronica, infatti, il fosfato presente ad alti livelli nel sangue si combina con il calcio, diminuendo il quantitativo di questo minerale nell’organismo, fenomeno noto come ipocalcemia.

In questo caso, le paratiroidi producono paratormone in quantità elevate, in modo da compensare i bassi livelli di calcio nel sangue.

I sintomi dell’iperparatiroidismo secondario

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In buona parte dei casi, l’iperparatiroidismo secondario è asintomatico, ma risulta aumentato il rischio di frattura ossea, fino a 3-4 volte superiore rispetto alla popolazione sana.

Oltre a ciò, le calcificazioni vascolari aumentano il rischio di mortalità per compromissione dell’apparato cardiovascolare.

In alcuni casi, tuttavia, questo si mostra con:

  • dolori articolari;
  • dolori ossei;
  • deformazione lieve di braccia e gambe.

La diagnosi

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La diagnosi di iperparatiroidismo secondario si basa principalmente sulle analisi di laboratorio, che valutano i livelli nel sangue di:

  • paratormone;
  • calcio;
  • fosfato;
  • vitamina D.

Oltre a ciò, deve essere eseguita:

  • la mineralometria ossea computerizzata (MOC), in modo da comprendere il grado di fissazione dei minerali nelle ossa (mineralizzazione);
  • la misurazione della calciuria e della fosfaturia nelle urine delle 24 ore.

Considerando che l’ipersecrezione non è data da patologie paratiroidee, non è necessaria l’ecografia del collo, fondamentale, invece, in caso di iperparatiroidismo primario.

La terapia per l’iperparatiroidismo secondario

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Il trattamento dell’iperparatiroidismo secondario è generalmente farmacologico.

In base alle esigenze si interviene su diversi fronti, ovvero:

  • agendo sui recettori del calcio, mimando la sua azione (calciomimetici);
  • contrastando la demineralizzazione ossea (bisfosfonati).

Nel paziente con malattia renale cronica l’aumento nel tempo della secrezione di paratormone è fisiologica, ma deve essere tenuto sotto controllo: l’assunzione di farmaci, infatti, normalizza la condizione, ma in situazioni non responsive può essere necessario l’intervento di rimozione delle paratiroidi, la paratiroidectomia.

Calciomimetici

I farmaci calciomimetici aumentano la sensibilità dei recettori del calcio delle paratiroidi, diminuendo la produzione di PTH.

Di conseguenza, la diminuzione di paratormone comporta un abbassamento dei livelli di calcio nel sangue.

Bisfosfonati

I bisfosfonati sono farmaci utilizzati per impedire il riassorbimento (disgregazione) del calcio dalle ossa, per cui agiscono direttamente sulla fragilità ossea: trovano, infatti, utilizzo anche nei pazienti con osteoporosi.

Paratiroidectomia

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In caso di livelli particolarmente elevati di paratormone, in cui si verifica una produzione autonoma da parte delle paratiroidi, si procede con l’intervento di rimozione delle ghiandole, ovvero la paratiroidectomia.

Le modalità d’intervento variano in base alle caratteristiche del paziente e alla necessità di asportazione di una o più paratiroidi.

A questo proposito si individuano 3 tecniche fondamentali di paratiroidectomia:

  • totale: asportazione di tutte le paratiroidi;
  • MIVAP: con tecnica mini-invasiva e videocamera operatoria;
  • subtotale: in cui si asportano 3 ghiandole e una porzione della restante quarta.

La conseguenza dell’asportazione di tutte le paratiroidi è l’ipoparatiroidismo che può essere controllato in maniera più agevole grazie all’assunzione di farmaci e integratori di vitamina D e calcio.

In caso di paratiroidectomia subtotale, invece, la porzione di paratiroide rimasta è in grado di produrre dei livelli adeguati di paratormone, per cui non è necessaria una terapia integrativa.

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