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Paratormone alto: diagnosi eziologica e percorso terapeutico

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Il paratormone alto è da ricercarsi in cause diverse tra loro: diagnosticare quella corretta è fondamentale per impostare il percorso di cure più idoneo.

Indice

Livelli alti di paratormone (o PTH) nel sangue possono essere segnale di diverse patologie: comprendere in che modo funziona e cosa ne altera la produzione è fondamentale per identificare il trattamento più idoneo.

Iniziamo, dunque, illustrando il ruolo e l’importanza del paratormone, per poi identificare le patologie correlate ad un aumento dello stesso.

Il paratormone

Il paratormone è un importante ormone, secreto dalle ghiandole paratiroidi, che ha il compito di regolare i livelli di calcio nel sangue; la sua funzione influisce su:

  • il metabolismo osseo;
  • l’attività muscolare;
  • la trasmissione degli stimoli nervosi;
  • l’assorbimento del calcio a livello intestinale;
  • la concentrazione di ioni fosfato nel sangue, aumentando l’escrezione con le urine.

La sua secrezione è regolata da un meccanismo a retroazione o di feedback, in cui:

  • bassi livelli di calcio stimolano il rilascio di paratormone;
  • alti livelli di calcio ne inibiscono la produzione.

Anche alti livelli di fosforo nel sangue possono stimolare le paratiroidi a produrre eccessivamente paratormone.

Il paratormone alto

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Il paratormone a livelli alti nel sangue può essere la spia di una condizione chiamata iperparatiroidismo, che prevede proprio l’aumento della produzione di paratormone, che non risulta più regolata dai meccanismo a feedback.

Si distinguono tre forme di iperparatiroidismo:

  • primario;
  • secondario;
  • terziario.

L’aspetto biochimico di questa condizione è caratterizzato da ipercalcemia, il calcio aumentato, e livelli plasmatici di paratormone (PTH) particolarmente elevati.

I sintomi dell’ipercalcemia varia in base alla gravità del problema.

L’ipercalcemia lieve può, infatti, essere completamente asintomatica.

La sintomatologia nei casi di ipercalcemia moderata o grave si presenta con:

  • nausea;
  • stitichezza;
  • apatia;
  • disidratazione e polidipsia (abnorme accentuazione del senso di sete);
  • necessità di urinare con frequenza elevata (poliuria) anche di notte (nicturia);
  • confusione;
  • debolezza muscolare e alle ossa;
  • depressione;
  • dolori addominali;
  • dolore alle ossa;
  • perdita dell’appetito.

Iperparatiroidismo primitivo

iperparatiroidismo primitivo

Nell’iperparatiroidismo primario la secrezione aumentata è data dalla presenza di una neoplasia benigna o maligna di una o più ghiandole paratiroidi.

L’ipersecrezione è generalmente data da un adenoma paratiroideo singolo; più rari sono i casi di adenomi multipli o carcinomi paratiroidei.

È la forma più comune, con un’incidenza maggiore nel sesso femminile e dopo i 50 anni d’età.

Iperparatiroidismo secondario

iperparatiroidismo secondario

L’iperparatiroidismo secondario si sviluppa in relazione alla carenza di calcio e vitamina D nel sangue.

È generalmente una conseguenza della malattia renale cronica (CKD), caratterizzato da un metabolismo alterato di calcio, fosforo e vitamina D.

In questi casi, è molto importante tenere sotto controllo la condizione, impedendo con trattamenti farmacologici il raggiungimento di costanti livelli elevati di paratormone: c’è il rischio, infatti, che l’ipersecrezione non risulti più controllabile, richiedendo l’intervento chirurgico di paratiroidectomia.

Iperparatiroidismo terziario

In caso di persistenza di ipocalcemia da insufficienza renale da iperparatiroidismo secondario, le paratiroidi secernono paratormone a livelli elevati costantemente, mostrando una condizione simile all’iperparatiroidismo primario.

Il controllo, dunque, dell’iperparatiroidismo secondario risulta fondamentale per evitare un peggioramento della condizione.

Diagnosi eziologica

In caso di paratormone alto, è necessario identificare in primo luogo l’elemento che aumenta la secrezione.

Oltre alla valutazione del paratormone nel sangue, il dosaggio ematico del PTH, vengono effettuati una serie di esami di laboratorio a completamento, quali:

  • l’analisi dei fosfati ematici (fosfatemia) e urinari (fosfaturia);
  • la valutazione dei valori della vitamina D;
  • calcio nel sangue (calcemia);
  • calcio nelle urine (calciuria).

Nei casi in cui si dovesse evidenziare un iperparatiroidismo primario, si effettueranno degli esami strumentali, atti ad accertarne l’eziologia, come:

  • mineralometria ossea computerizzata (MOC), per valutare la densità minerale ossea;
  • ecografia del collo, per la visualizzazione delle paratiroidi;
  • scintigrafia delle paratiroidi con radiofarmaco;
  • ecografia addominale, per identificare eventuali calcoli renali.

Le cure per il paratormone alto

Il trattamento in caso di paratormone alto varia in base alla causa che aumenta la secrezione.

In caso di iperparatiroidismo secondario il trattamento è farmacologico, atto a diminuire i livelli di calcio nel sangue.

Per livelli particolarmente alti di paratormone nei casi di iperparatiroidismo primario, e terziario, si fa ricorso alla chirurgia.

Trattamento farmacologico

Il trattamento farmacologico nell’iperparatiroidismo secondario, si propone di abbassare l’ipercalcemia:

  • aumentando l’eliminazione del calcio con le urine;
  • diminuendo il riassorbimento osseo.

I farmaci diuretici dell’ansa come la furosemide (Lasix®) facilitano l’espulsione tramite urina del calcio e inibisce l’assorbimento dello iodio e del cloro.

Per quanto riguarda il riassorbimento osseo, viene prescritta l’assunzione di bisfosfonati, al fine di abbassare il rischio di possibili fratture.

Intervento chirurgico per l’iperparatiroidismo

Come già anticipato, il trattamento per l’iperparatiroidismo primario e terziario è principalmente chirurgico.

In questi casi si procede con l’asportazione dell’adenoma o della paratiroide che secerne maggiormente paratormone.

A questo proposito si procede con tre diverse tecniche:

  • cervicotomia mini-invasiva;
  • MIVAP;
  • paratiroidectomia subtotale.

Tutti e tre gli interventi hanno l’obiettivo di riportare alla normalità i livelli di paratormone, che generalmente si stabilizza in breve tempo, diminuendo la secrezione del 50% già pochi minuti dopo l’intervento.

Cervicotomia mini-invasiva

La cervicotomia mini-invasiva prevede un piccolo accesso di 3 cm per la rimozione della paratiroide iperfunzionante, preservando le altre ghiandole.

È l’intervento d’elezione e viene effettuato in anestesia generale, ma può essere eseguito anche in anestesia loco-regionale: è necessario, ad ogni modo, identificare prima la paratiroide iperfunzionante per poter mantenere i livelli di paratormone nel sangue adeguati.

Il risultato estetico è generalmente apprezzato dai pazienti, in quanto l’incisione è piccola, diversamente dalle tecniche utilizzate in passato, che prevedevano un accesso più ampio.

MIVAP

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La MIVAP (mini-invasive videoassisted parathyroidectomy, o paratiroidectomia mini-invasiva videoassistita) è l’evoluzione del trattamento tradizionale, in cui si pratica un accesso di 2-3 cm per l’inserimento di un endoscopio e degli strumenti chirurgici.

Il grande vantaggio di questa tecnica mini-invasiva di chirurgia endocrina è data proprio dall’endoscopio, che permette una visualizzazione particolarmente accurata della paratiroide da asportare, facilitando, inoltre, l’isolamento del nervo laringeo inferiore.

Può essere effettuata anche in anestesia locale, permettendo una degenza ospedaliera più breve; la MIVAP, inoltre, riduce i tempi operatori, rendendolo un trattamento meno stressante per il paziente.

Paratiroidectomia subtotale

paratiroidectomia subtotale

La paratiroidectomia subtotale prevede la rimozione di 3 delle 4 paratiroidi, quando non è chiaro quale sia la responsabile dell’aumentata secrezione di paratormone.

La rimanente paratiroide produrrà da sola quantità sufficienti di paratormone per risolvere la condizione, regolarizzando il metabolismo del paziente ed eliminando l’ipercalcemia.

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